Tutto ciò che vediamo oggi è frutto di tutto ciò che è accaduto ieri. Gli alberi che vediamo nei parchi, per strada, sono lì perché da qualche albero è cascato un seme, che era stato impollinato da qualche animale, che si era posato su qualche fiore, e così via. È una catena di eventi. Ciò che oggi siamo, il nostro carattere, le nostre forze e le nostre debolezze, non sono altro che la risultante di tutto ciò che ci è capitato nella vita, i momenti di felicità, i soprusi subiti, le prove da superare. Nella stessa maniera il mondo, così come lo vediamo oggi, è la risultante di miliardi di fattori incrociatisi fra loro. Il mondo, così come lo vediamo oggi, è sicuramente stato influenzato dalle gesta compiute da noi esseri umani.
Il titolo di questo post richiama il libro “Ogni cosa è illuminata” di Jonathan Safran Foer, da cui è stato tratto un film omonimo (ve li consiglio entrambi). Il senso di questa frase, che io in questo caso ho brutalmente decontestualizzato (che Foer possa perdonarmi) è che il passato, va a comporre il presente e il futuro. Ciò significa anche che ogni azione di oggi comprometterà il nostro domani.
Anche se spesso non ci riflettiamo su, tutti i problemi ambientali di oggi sono il frutto di anni e anni di negligenza, strafottenza e superficialità. Sono inimmaginabili i problemi che con un gesto di strafottenza causiamo all’ambiente; è un po’ come un domino, una catena di eventi innescati da una sola tessera, che alla fine causa dei danni la maggior parte delle volte irreversibili.
Spesso ci passano davanti notizie sensazionalistiche riguardanti la distruzione degli habitat, l’estinzione delle specie più a rischio; dopo un secondo di scombussolamento però, torniamo alla nostra vita di sempre.
Da quando l’essere umano è comparso sulla terra, in concomitanza con le varie colonizzazioni di territori in tutto il mondo si sono registrati cambiamenti sempre più influenti nella distribuzione e nell’estinzione di varie specie. L’estinzione, di per sé, è un evento naturale, perché correlato ai vari mutamenti che il nostro pianeta ha subito col passare del tempo. Ciònonostante, le estinzioni di cui dovremmo seriamente preoccuparci sono repentine e collegate alle modifiche che noi esseri umani stiamo apportando all’ambiente in maniera diretta e indiretta. Basti pensare che nelle Hawaii risiedevano più di 100 specie di uccelli autoctoni quando i coloni polinesiani si insediarono, nel 300 d.C. Ad oggi di tutti quegli uccelli ne rimane solo un terzo. Stessa storia in Australia, nel nord America, in Europa. Alle colonizzazioni corrispondono ondate di estinzioni. Queste estinzioni possono essere considerate selettive, essendo spariti principalmente grandi mammiferi e uccelli non volatori, ovvero il cibo dei nostri avi, dopo secoli di raziocini.
Ma ad oggi la coscienza ambientalista si sta facendo strada e quindi la caccia non controllata si sta andando ad estinguere e, sicuramente, almeno nei paesi industrializzati, si hanno delle norme molto più rigide (che poi i ricconi occidentali vadano nei paesi non industrializzati, per cacciare ciò che vogliono pagando gran soldoni e sfruttando la povertà della gente del luogo… quella è un’altra storia). Purtroppo però, non è solo la caccia che danneggia l’ambiente e provoca estinzioni. Ci sono svariate altre cause, dirette e non.
La distruzione degli habitat che continua tutt’oggi indiscriminata, è una delle cause principali di estinzione, perché andando ad eliminare l’habitat di determinati animali ne compromettiamo la vita.
Ci sono tanti esempi di animali che oggi sono a rischio di estinzione per cause indirette, apparentemente non collegate a nulla. Vediamone alcune.
Le popolazioni di rane e salamandre stanno vertiginosamente scomparendo, quasi completamente. Sono stati riportati esempi nella letteratura scientifica che riguardano tutti i continenti, anche in zone non afflitte dall’antropizzazione del territorio, quindi dove l’influenza umana sembra minima o inesistente. Si è scoperto che la decimazioni di questi anfibi è collegata alla radiazione ultravioletta B, che raggiunge la nostra atmosfera in maniera sempre più copiosa a causa dell’assottigliamento dello strato di ozono nella stratosfera da parte dei famigerati CFC (Clorofluorocarburi, composti chimici contenenti Cloro, Fluoro e Carbonio) che uccide gli embrioni di molte rane e salamandre, seguita dall’acidificazione delle acque a causa delle piogge acide, causate a loro volta dall’inquinamento atmosferico.
- L’82 % delle uova degli alligatori del lago Apopka (Florida) non si schiude. Del restante 18%, la metà muore dopo due settimane. Di quelli che sopravvivono, i maschi sono tutti femminilizzati, con concentrazioni di estrogeni tipici delle femmine, mancanza di testosterone, fallo di dimensioni da un terzo alla metà del normale e i testicoli mostravano la struttura degli ovari. Nelle femmine invece, si registrano concentrazioni di estrogeni più che raddoppiate, le uova negli ovari erano deformate e in sovrannumero. Il pesticida Difocol e i suoi contaminanti, DDT, DDE e DDD sono quasi certamente i responsabili di questo scempio. Questi ormoni ambientali hanno danneggiato alla stessa maniera pesci (trote, carpe, storioni), uccelli (gabbiani, uccelli rapaci) e mammiferi (la pantera della Florida) e anche gli esseri umani. Fra il 1938 e il 1991 la densità media degli spermatozoi di maschi umani è calata da 113 milioni per millilitro di liquido seminale a 66 milioni per millilitro e il volume medio è sceso da 3,40 mi a 2,75 ml. La femminilizzazione dovuta a estrogeni ambientali è l’effetto di questo fenomeno.
- Le popolazioni di uccelli migratori del nord America sono calate del 50% dal 1940 al 1980. La diminuzione è collegata alla distruzione degli habitat sia in Nord, Centro e Sud America che in Messico e nelle Indie occidentali. È importante sottolineare, che per habitat non si intendono solo i punti di nidificazione necessari per la vita di questi uccelli, devono essere preservati anche i corridoi migratori, luoghi di passaggio in cui questi volatili si riposano e riprendono le forze.
- Alcuni uccelli delle foreste europee producono uova con gusci fragili e porosi, che si rompono molto facilmente, con conseguenza la morte dell’embrione. La fragilità di queste uova è dovuta alla mancanza di calcio nella dieta dei volatili. Infatti, a causa dell’inquinamento atmosferico e dell’acidificazione delle acque, il suolo depauperato dal calcio – dissolto dalle acque acide – non è più un buon habitat per le chiocciole, che lo hanno di conseguenza abbandonato; queste ultime erano la fonte principale del calcio nella dieta degli uccelli che di conseguenza producono uova porose e fragili, inadatte al portare a buon fine la crescita dell’embrione. Eccole qui, le tessere del domino che cadono una dopo l’altra.
- In questi giorni si discute inoltre delle Tigri del Bengala. Il loro areale di distribuzione si va stringendo sempre di più a causa della distruzione del loro habitat e oltre questo, spesso sono uccise dalla popolazione locale per timore di essere aggrediti o per trarne profitto. Come se questo non bastasse, negli ultimi giorni si discute di un progetto che ha l’obiettivo di costruire una grossa centrale a carbone confinante con la foresta delle Sundabarbans, caratterizzate da specie vegetali e animali tipiche di estuari (zone fangose altamente saline), molto importante, perché habitat di miriadi di animali endemici, tra cui anche le Tigri del Bengala. Di 3500 individui o meno rimaste in natura in tutto il mondo, 400-600 tigri vivono nelle Sundarbans. Per ulteriori informazioni: http://www.scienze-naturali.it/ambiente-natura/zoologia/paludi-mangiatrici-di-uomini-e-mangrovie-la-lotta-per-salvare-le-tigri-delle-sundarbans http://www.greenreport.it/news/energia/salvare-le-ultime-tigri-del-bengala-le-sundarbans-dalla-centrale-carbone/ E se la causa vi sta a cuore, vi invito a firmare questa petizione di Avaaz: https://secure.avaaz.org/campaign/it/the_last_tigers_loc_pa/?bdGJScb&v=82632&cl=10836215722&_checksum=bcc985c4cddbe0baf353b58717de5660dbcaf0ea9a6be75b1d01c68cf027cb80
- Ed infine, un esempio vicino a noi tutti: il drastico calo del numero delle api presenti in Europa. In alcune zone le popolazioni di api sono diminuite drasticamente, persino del 70%, e negli Stati Uniti si calcola una media del 40%. In Europa ci si sta muovendo affinché i pesticidi di 9 classi chimiche, dai neonicotinoidi ai piretroidi, diretti responsabili della moria della api, vengano banditi. Nel caso della contaminazione del suolo tra l’altro, c’è da sottolineare che non è solo la pianta “nutrita” di pesticidi che uccide l’ape che si poggia sul fiore, ma anche tutte quelle piante che vengono contaminate indirettamente attraverso il ricircolo di questi pesticidi nel terreno. E diversi studi dimostrano inoltre che non sono solo i pesticidi delle aziende agricole a nuocere alle api, ma anche pesticidi utilizzati negli orti e giardini casalinghi. Il 70% dell’impollinazione delle api in Europa è effettuata proprio dalle api. Possiamo capire bene quindi, che la loro scomparsa, porta alla mancata impollinazione, quindi alla mancata generazione di altre piante, che ricordiamolo, sono coloro che ossigenano il nostro pianeta. Rachel Carson, si è battuta ed ha lottato per il riconoscimento di questo enorme problema, da pochi attenzionato e a cui non è mai stata data l’importanza dovuta. Grazie al suo libro “Primavera silenziosa”, che consiglio a tutti di leggere, questa tematica importantissima è stata presa più sul serio. Il libro è stato pubblicato nel 1962 e ancora oggi si discute di come salvare le api, ancora oggi Greenpeace lotta per la salvaguardia di questi animali così necessari per la nostra sopravvivenza.
Questi sono alcuni dei tantissimi esempi in cui basta togliere qualcosa che potrebbe sembrare insignificante per far crollare l’intero castello di carte. E ho come l’impressione che noi non stiamo facendo altro che sottrarre e sottrarre pezzi, noncuranti di ciò che accadrà alla fine. Per chiudere, Primavera silenziosa è dedicato ad Albert Schweitzer (premio nobel per la Pace, dedicò gran parte della sua vita a missioni umanitarie dedicate in realtà ad ogni forma di vita), che disse “L’uomo ha perduto la capacità di prevenire e prevedere. Andrà a finire che distruggerà la Terra”.
Bibliografia
- Natural resources and an optimum human population. Population and environment – Piementel,D., R. Harman, e M.Pacenza, 1994
- The gender benders. Science News – Raloff, J., 1994
- Prehistoric extincions of Pacific island birds:biodiversity meets zooarchaeology. Science – Steadman, D.W., 1995
- Where Have All the Birds Gone? Princeton University Press, Princeton – Terborgh, J., 1989
- Beyond global warming: ecology and global change. Ecology – Vitousek, P.M., 1994
- Declining amphibian populations. Science – Wake, D.B., 1991
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